Capire Filosofia

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Commenti

«Che cos'è il totalitarismo? È il divieto di fare domande».

(Eric Voegelin, 1901-1985)
L’ETICA DELLA RECIPROCITÀ

Haec tamen praecepti mei summa est: sic cm inferiore vivas quemadmodum tecum superiorem velis vivere.

«Tuttavia, questa è in sostanza la mia regola: comportati con chi ti è inferiore come vorresti che si comportasse con te chi ti è superiore».

(Seneca, “Epistolae ad Lucilium”, XLVII, 11)
«Se un milione di persone crede a una cosa stupida, rimane pur sempre una cosa stupida».

Anatole France (1844-1924)
«Gli uomini si vergognano non delle ingiurie che fanno, ma di quelle che ricevono».

(Giacomo Leopardi, “Pensieri”, LVII)
Francesco Gerardi dialoga con Marco Adorni, autore del volume "Sei libera sii grande. Giuseppe Mazzini e il suo insegnamento" (Rogas ediz.), nel giorno del 150° anniversario della morte del patriota genovese. Una serata utile per comprendere la peculiarità del pensiero mazziniano, repubblicano, spiritualista, patriottico e nazionalista.
«Costituire l'Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana»

(G. Mazzini)

Nel giorno del 150esimo anniversario della morte (10 marzo 1872 - 10 marzo 2022) è doveroso non dimenticarsi di un grande “padre fondatore” del nostro Paese e una personalità di immenso fascino: . Per celebrarlo, abbiamo organizzato un dialogo con il prof. Marco Adorni, autore del saggio: “Sei libera sii grande. Giuseppe Mazzini e il suo insegnamento” (Rogas ediz. 2022), in uscita il 15 marzo. Chi ha a cuore le sorti della democrazia nella sua forma repubblicana e, insieme, non vuole rinunciare a un’idea di Patria nella sua accezione più sana, nel segno di una nazione unita, composta di cittadini liberi e uguali, non può mancare!

Vi aspettiamo stasera alle 20:45 qui su Capire Filosofia! 🇮🇹
Francesco Gerardi dialoga con Marco Adorni, autore del volume "Sei libera sii grande. Giuseppe Mazzini e il suo insegnamento" (Rogas ediz.), nel giorno del 150° anniversario della morte del patriota genovese. Una serata utile per comprendere la peculiarità del pensiero mazziniano, repubblicano, spiritualista, patriottico e nazionalista.
Se avete voglia di recuperare una grande figura di intellettuale del nostro passato, un pensatore che a 150 anni dalla morte è più che mai attuale, giovedì sera sarà la serata giusta: avrò il piacere di dialogare con il professor Marco Adorni, autore di un nuovo e interessantissimo saggio su Giuseppe Mazzini (“Sei libera sii grande. Giuseppe Mazzini e il suo insegnamento”, Rogas edizioni 2022). La diretta, oltre che qui su Capire Filosofia, sarà sulla pagina di Ancora Italia-Emilia Romagna e sul suo canale YouTube:
youtube.com/c/ancoraitaliaemiliaromagna
A giovedì!
«Non capite, se giudicate».

(Lev Tolstoj, “Denaro falso”, 1911)
«Ricorda soprattutto che non puoi essere giudice di nessuno. Perché non vi può essere sulla Terra nessuno che giudichi un criminale se prima non abbia riconosciuto di essere egli stesso un criminale come chi gli sta dinanzi, e di essere forse il maggior colpevole del delitto da questi commesso. [...] Perché se io fossi giusto, forse non vi sarebbe neppure il criminale dinanzi a me».

(Fëdor Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”, parte VI “Un monaco russo”, cap. III)
Questa sera diretta online alle ore 21:00
Questa sera diretta online alle ore 21:00

Una pagina didattica dedicata al racconto e alla spiegazione dei problemi, delle teorie e delle argo

Normali funzionamento

27/08/2022

«Essere laici, liberali, non significa nulla, quando manca quella forza morale che riesca a vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che apparentemente funziona, con le sue leggi allettanti e crudeli. Non occorre essere forti per affrontare il fascismo nelle sue forme pazzesche e ridicole: occorre essere fortissimi per affrontare il fascismo come normalità, come codificazione, direi allegra, mondana, socialmente eletta, del fondo brutalmente egoista di una società».

(Pier Paolo Pasolini, articolo sulla rivista “Vie Nuove”, 6 settembre 1962)

16/08/2022

«Storicamente le cose più terribili, il genocidio, la guerra, la schiavitù, sono sempre frutto dell’obbedienza e non della disobbedienza».

(Howard Zinn, 1922-2010)

12/08/2022

DESTRA E SINISTRA: ESISTONO ANCORA?

L’attuale fase politica è uno di quei momenti in cui riemerge con forza la tesi sul superamento della distinzione tra destra e sinistra. Accade periodicamente. A partire dalla prima affermazione che viene attribuita a Jean Paul Sartre. In Italia questa idea ha perso il carattere ciclico ed è diventata endemica da quando, in rapida successione, si è avuta prima la crisi ideologica del marxismo e poi la crisi della forma-partito cattolica. Ma veramente la destra e la sinistra non esistono più?

C’è da dubitarne. Sulla definizione di destra e sinistra, la lezione di Norberto Bobbio è ancora insuperata (“Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica”, Donzelli, Roma 1999). Essa può essere così riassunta:

➡️ In una concezione di sinistra tutti gli uomini nascono uguali, diventano disuguali per le diverse condizioni socio-economiche cui sono sottoposti, bisogna operare per correggere le disuguaglianze in nome della giustizia sociale; in una concezione di destra tutti gli uomini nascono disuguali, le differenze non sono sociali ma naturali e non devono essere annullate ma anzi valorizzate in nome della libertà e del progresso.

📖 Questa l’analisi di Bobbio sulla funzione discriminante del concetto di uguaglianza:

«Tra gli uomini tanto l’eguaglianza quanto la diseguaglianza sono fattualmente vere, perché le une e le altre sono confermate da prove empiriche irrefutabili. Ma l’apparente contraddittorietà delle due proposizioni “Gli uomini sono eguali” e “Gli uomini sono diseguali” dipende unicamente dal fatto che, nell’osservarli, nel giudicarli e nel trarre conseguenze pratiche, si metta l’accento su ciò che hanno in comune o piuttosto su ciò che li distingue. Ebbene, si possono chiamare correttamente egualitari coloro che, pur non ignorando che gli uomini sono tanto eguali quanto diseguali, apprezzano maggiormente e ritengono più importante per una buona convivenza ciò che li accomuna; inegualitari, al contrario, coloro che, partendo dallo stesso giudizio di fatto, apprezzano e ritengono più importante, per attuare una buona convivenza, la loro diversità. Si tratta di un contrasto tra scelte ultime di cui è difficile sapere quale sia l’origine profonda. Ma è proprio il contrasto tra queste scelte ultime che riesce, a mio parere, meglio di ogni altro criterio a contrassegnare i due opposti schieramenti che siamo abituati ormai per lunga tradizione a chiamare sinistra e destra. Da un lato vi sono coloro che ritengono che gli uomini siano più eguali che diseguali, dall’altro coloro che ritengono siano più diseguali che uguali.

A questo contrasto di scelte ultime si accompagna anche una diversa valutazione del rapporto tra eguaglianza-diseguaglianza naturale ed eguaglianza-diseguaglianza sociale. L’egualitario parte dalla convinzione che la maggior parte delle diseguaglianze che lo indignano, e vorrebbe far sparire, sono sociali e, in quanto tali, eliminabili; l’inegualitario, invece, parte dalla convinzione opposta, che siano naturali e, in quanto tali, ineliminabili. Il movimento femminista è stato un movimento egualitario. La forza del movimento è dipesa anche dal fatto che uno dei suoi temi preferiti è sempre stato, indipendentemente dalla veridicità fattuale, che le diseguaglianze fra uomo e donna, pur avendo radici nella natura, sono state il prodotto di costumi, leggi, imposizioni del più forte sul più debole, e sono socialmente modificabili. Si manifesta in questo ulteriore contrasto il cosiddetto “artificialismo”, che viene considerato una delle caratteristiche della sinistra. La destra è più disposta ad accettare ciò che è naturale, e quella seconda natura che è la consuetudine, la tradizione, la forza del passato. L’artificialismo della sinistra non si arrende neppure di fronte alle palesi diseguaglianze naturali, a quelle che non possono essere attribuite alla società: si pensi alla liberazione dei matti dal manicomio. Accanto alla natura matrigna c’è anche la società matrigna. Ma da sinistra si è generalmente propensi a ritenere che l’uomo sia capace di correggere tanto l’una che l'altra».

Bobbio passa poi ad analizzare il concetto di libertà ammettendo che esso possa confliggere con quello di uguaglianza. In particolare egli riteneva che quanto più l’egualitarismo sociale si estende tanto più la libertà individuale tende a restringersi e viceversa. Tuttavia riteneva anche che il concetto di libertà non fosse discriminante per distinguere la destra dalla sinistra ma, all’interno dei due schieramenti, la componente autoritaria da quella moderata.

«Si può ripartire schematicamente lo spettro in cui si collocano dottrine e movimenti politici, in queste quattro parti:
a) all'estrema sinistra stanno i movimenti insieme egualitari e autoritari, di cui l'esempio storico più importante, tanto da essere diventato un’astratta categoria applicabile, ed effettivamente applicata, a periodi e situazioni storiche diverse, è il giacobinismo;
b) al centro-sinistra, dottrine e movimenti insieme egualitari e libertari, per i quali potremmo oggi usare l'espressione “socialismo liberale”, per comprendervi tutti i partiti socialdemocratici, pur nelle loro diverse prassi politiche;
c) al centro-destra, dottrine e movimenti insieme libertari e inegualitari, entro cui rientrano i partiti conservatori, che si distinguono dalle destre reazionarie per la loro fedeltà al metodo democratico, ma, rispetto all’ideale di uguaglianza, si attestano e si arrestano sull'eguaglianza di fronte alla legge, che implica unicamente il dovere da parte del giudice di applicare imparzialmente le leggi e sull'eguale libertà, che caratterizza quello che ho chiamato l'egualitarismo minimo;
d) all'estrema destra, dottrine e movimenti antiliberali e antiegualitari, di cui credo sia superfluo indicare esempi storici ben noti come il fascismo e il nazismo».

12/08/2022

«Meno sappiamo, più lunghe sono le nostre spiegazioni».

(Ezra Pound, “Aforismi e detti memorabili”)

29/07/2022

«Il pensiero contiene la possibilità della situazione che esso pensa. Ciò che è pensabile è anche possibile».

(Ludwig Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, n. 3.02)

27/07/2022

In una delle pagine più elevate del pensiero greco, Aristotele (Etica Nicomachea, X, 7, 1177 b) scrive:

οὐ χρὴ δὲ κατὰ τοὺς παραινοῦντας ἀνθρώπινα φρονεῖν ἄνθρωπον ὄντα οὐδὲ θνητὰ τὸν θνητόν, ἀλλ᾽ ἐφ᾽ ὅσον ἐνδέχεται ἀθανατίζειν καὶ πάντα ποιεῖν πρὸς τὸ ζῆν κατὰ τὸ κράτιστον τῶν ἐν αὑτῷ.

«Non bisogna limitarsi a pensare cose umane per il fatto di essere uomini, né cose mortali per il fatto di essere mortali, ma rendersi immortali fin tanto che è possibile e fare tutto per vivere secondo ciò che di meglio abbiamo in noi».

05/07/2022

Γνῶθι σαυτόν

«Ti avverto, chiunque tu sia.
O tu che desideri sondare gli arcani della Natura,
se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai trovarlo nemmeno fuori.
Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie?
In te si trova occulto il Tesoro degli Dei.
O Uomo, conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei».

Oracolo di Delfi

26/06/2022

BOBBIO: ECCO PERCHÉ SONO CONTRARIO ALL’ABORTO

Sono con Norberto Bobbio nel suo studio di Torino, fra scaffali gremiti e tavoli coperti da giornali e riviste. «Non parlo volentieri di questo problema dell’aborto» mi dice. Gli chiedo perché. «È un problema molto difficile, è il classico problema nel quale ci si trova di fronte a un conflitto di diritti e di doveri».

Quali diritti e quali doveri sono in conflitto?
«Innanzitutto il diritto fondamentale del concepito, quel diritto di nascita sul quale, secondo me, non si può transigere. È lo stesso diritto in nome del quale sono contrario alla pena di morte. Si può parlare di depenalizzazione dell’aborto, ma non si può essere moralmente indifferenti di fronte all’aborto».

Lei parlava di diritti, non di un solo diritto.
«C’è anche il diritto della donna a non essere sacrificata nella cura dei figli che non vuole. E c’è un terzo diritto: quello della società. Il diritto della società in generale e anche delle società particolari a non essere superpopolate, e quindi a esercitare il controllo delle nascite».

Non le sembra che, così posto, il conflitto fra questi diritti si presenti pressoché insanabile?
«È vero, sono diritti incompatibili. E quando ci si trova di fronte a diritti incompatibili, la scelta è sempre dolorosa».

Ma bisogna decidere.
«Ho parlato di tre diritti: il primo, quello del concepito, è fondamentale; gli altri, quello della donna e quello della società, sono derivati. Inoltre, e questo per me è il punto centrale, il diritto della donna e quello della società, che vengono di solito addotti per giustificare l’aborto, possono essere soddisfatti senza ricorrere all’aborto, cioè evitando il concepimento. Una volta avvenuto il concepimento, il diritto del concepito può essere soddisfatto soltanto lasciandolo nascere».

Quali critiche muove alla legge 194?
«Al primo articolo è detto che lo Stato “garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile”. Secondo me, questo diritto ha ragione d’essere soltanto se si afferma e si accetta il dovere di un rapporto sessuale cosciente e responsabile, cioè tra persone consapevoli delle conseguenze del loro atto e pronte ad assumersi gli obblighi che ne derivano. Rinviare la soluzione a concepimento avvenuto, cioè quando le conseguenze che si potevano evitare non sono state evitate, questo mi pare non andare al fondo del problema. Tanto è vero che, nello stesso primo articolo della 194, è scritto subito dopo che l’interruzione della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite».

E se, abrogando la legge 194, si tornasse ai «cucchiai d’oro», alle «mammane», ai drammi e alle ingiustizie dell’aborto clandestino? L’aborto è una triste realtà, non si può negarla.
«Il fatto che l’aborto sia diffuso, è un argomento debolissimo dal punto di vista giuridico e morale. E mi stupisce che venga addotto con tanta frequenza. Gli uomini sono come sono: ma la morale e il diritto esistono per questo. Il furto d’auto, ad esempio, è diffuso, quasi impunito: ma questo legittima il furto? Si può al massimo sostenere che siccome l’aborto è diffuso e incontrollabile, lo Stato lo tollera e cerca di regolarlo per limitarne la dannosità. Da questo punto di vista, se la legge 194 fosse bene applicata, potrebbe essere accolta come una legge che risolve un problema umanamente e socialmente rilevante».

Esistono azioni moralmente illecite ma che non sono considerate illegittime?
«Certamente. Cito il rapporto sessuale nelle sue varie forme, il tradimento tra coniugi, la stessa prostituzione. Mi consenta di ricordare il Saggio sulla libertà di Stuart Mill. Sono parole scritte centotrent’anni fa, ma attualissime. Il diritto, secondo Stuart Mill, si deve preoccupare delle azioni che recano danno alla società: “il bene dell’individuo, sia esso fisico o morale, non è una giustificazione sufficiente”».

Questo può valere anche nel caso dell’aborto?
«Dice ancora Stuart Mill: “Su se stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l’individuo è sovrano”. Adesso le femministe dicono: “Il corpo è mio e lo gestisco io”. Sembrerebbe una perfetta applicazione di questo principio. Io, invece, dico che è aberrante farvi rientrare l’aborto. L’individuo è uno, singolo. Nel caso dell’aborto c’è un “altro” nel corpo della donna. Il suicida dispone della sua singola vita. Con l’aborto si dispone di una vita altrui».

Tutta la sua lunga attività, professor Bobbio, i suoi libri, il suo insegnamento sono la testimonianza di uno spirito fermamente laico. Immagina che ci sarà sorpresa nel mondo laico per queste sue dichiarazioni?
«Vorrei chiedere quale sorpresa ci può essere nel fatto che un laico consideri come valido in senso assoluto, come un imperativo categorico, il “non uccidere”. E mi stupisco a mia volta che i laici lascino ai credenti il privilegio e l’onore di affermare che non si deve uccidere».

IL DOCUMENTO. Nell’81, intervistato dal Corriere sull’imminente referendum, il «papa laico» insorgeva: «Mi stupisco che i laici lascino ai credenti l’onore di affermare che non si deve uccidere».
Alla vigilia del referendum sull’aborto, il «Corriere della sera» dell’8 maggio 1981 pubblicò un’intervista di Giulio Nascimbeni a Norberto Bobbio. Il filosofo, tra i massimi esponenti della cultura laica del dopoguerra, spiega così le sue ragioni a favore della vita.

di Giulio Nascimbeni – [Da “Avvenire”, 11 gennaio 2004]

23/06/2022

Τὸ εὔδαιμον τὸ ἐλεύθερον, τὸ δ' ἐλεύθερον τὸ εὔψυχον.

«La felicità deriva dalla libertà, e la libertà dal coraggio».

Tucidide, “Storie”, libro II, 43 (ed. H.S. Jones, J.E. Powell, Thucydides Historiae, Oxford 1900)

L’Ἐπιτάφιος λόγος, l’epitaffio, ossia il discorso funebre tenuto da Pericle nel 430 a.C. per celebrare i caduti ateniesi nel primo anno della guerra del Peloponneso, e riportato da Tucidide nel secondo libro delle “Storie”, contiene anche questa grande lezione.

13/06/2022

«Voi vi aspettate un governo saggio ma ciò non accadrà mai perché i saggi non desiderano governare».

(Georges Ivanovič Gurdjieff)

03/06/2022

«Ogni qualvolta una teoria ti sembra essere l'unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che intendeva risolvere».

Karl Popper, “Conoscenza oggettiva: un punto di vista evoluzionistico”, 1972.

25/05/2022

Esattamente 50 anni fa, era il 1972, usciva uno dei grandi capolavori della letteratura del Novecento. Un’opera destinata a diventare uno dei romanzi italiani più conosciuti nel mondo: “Le città invisibili”. Un testo rivoluzionario che attraverso 55 immagini memorabili di città e i dialoghi tra Marco Polo e Kublai Khan costituisce un poema d’amore alla città - come lo ha definito lo stesso Calvino - nel tempo della sua crisi, che l’autore già allora intravedeva. Ora, tra le molte cose che rendono indimenticabile questo libro c’è il finale. Sono giusto poche righe, che in questi giorni però continuavano a ronzarmi per la testa senza che riuscissi a capirne il perché. Poi, improvvisamente, ho capito. È la magia dei classici: opere in grado di essere per sempre attuali come fossero state sempre scritte ieri. Quelle righe conclusive ci stanno parlando di oggi, dispensando un insegnamento molto saggio.

«L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne.
Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e sapere riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

Quello che abbiamo vissuto in questi due anni è un vero e proprio inferno. Non devo spiegarvelo io. E di questo inferno ormai conosciamo tutto: sappiamo quali sono i poteri che lo hanno concepito e messo in atto. Sappiamo chi sono i mandanti, i complici e gli esecutori. Sappiamo e, questa volta, abbiamo le prove. Una mole enorme e circostanziata di dati, studi pubblicati, dichiarazioni inequivocabili e atti politici.
A questo inferno la gente ha reagito in due modi.
La maggioranza lo ha accettato e ne è diventata parte fino al punto di non vederlo più.
Una minoranza, invece, ha avuto la forza di scegliere la strada rischiosa: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non era inferno.
Abbiamo una sola vera via d’uscita dall’inferno che abitiamo tutti i giorni: metterci lì, con attenzione, a cercare e riconoscere chi e cosa non è inferno. In politica, in medicina, nella società, nel giornalismo. Occorre ripartire da lì. Dalle persone e dalle cose che non sono inferno.
Con coraggio, con calma.
Ma diamogli spazio, e facciamole durare.

di Francesco Gerardi

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