30/03/2021
Di seguito, l'articolo di recensione scritto dalla dott.ssa Maria Elena Losito, educatrice, pedagogista e pedagogista familiare ANPEF, sul libro "Insegnare a imparare. Dai modelli allo stile di apprendimento" di Michele Baldassarre.
"Se per gli insegnanti è fondamentale imparare a insegnare è anche vero che, come affermavano H. Maturana e F. Varela, “l'impresa educativa si rivela fondamentalmente un'impresa di seduzione estetica, sensibile allo sviluppo metaforico del rapporto che ognuno di noi intrattiene nei confronti dal sapere”.
Per questo motivo, passando da Rogers a Maslow, si giunge a un approccio umanistico che metta, alla base dei processi di insegnamento-apprendimento, la relazione socioaffettiva, e ponga i riflettori sulla motivazione personale. Dal momento in cui però, ognuno di noi è costituito dall’integrazione di centro intellettuale (il pensare), centro emozionale (il sentire) e centro motorio-istintivo (il fare), un aspetto fondamentale dell’insegnante consiste nell’entrare in relazione interpersonale con gli allievi, proprio perché il processo di apprendimento risulta strettamente connesso all’apprendere dall’esperienza, e all’elaborazione di elementi di ordine emotivo-affettivo.
Ciò è fondamentale per capire lo stile di chi insegna.
In particolare, come afferma Rogers quando parla di libertà di apprendimento, lo stile professionale che l’insegnante deve adottare è quello che va a facilitare l’apprendimento attraverso l’ascolto e l’empatia. Ciò soprattutto in accordo con l’opinione di Gardner, secondo cui non esiste una sola intelligenza ma molteplici intelligenze personali.
A livello generale si parla di stile cognitivo, a quella modalità di elaborazione dell’informazione che si adotta in modo prevalente, permane nel tempo e si generalizza in modi diversi. Tale stile, che influenza il livello cognitivo e gli aspetti della personalità (come le interazioni sociali e le relazioni emotive), è strettamente correlato al concetto di “strategia cognitiva”, la quale indica che ciascun ragazzo ha modalità differenti per acquisire informazioni (alcuni usano il canale visivo, altri studiano, ad altri è sufficiente l’ascolto delle spiegazioni, per altri basta l’esperienza concreta), anche in relazione all’essere di ciascuno (più riflessivo, più introverso, più precipitoso, più estroverso, più analitico).
Necessaria, dunque, appare una pedagogia differenziata, utile per gestire l’eterogeneità degli alunni e la pluralità delle situazioni. Questo, ponendo il soggetto che apprende al centro del progetto educativo e stimolando la riflessione non solo per quanto concerne gli stili di insegnamento, ma anche le migliori e più adeguate metodologie didattiche e modalità d'approccio.
Esistono infatti, come afferma Gardner, diversi tipi di intelligenza: linguistica o verbale, logico-matematica, visiva, corporeo-cinestetica, musicale, interpersonale, intrapersonale, naturalistica, esistenziale, ecc. Esse agiscono insieme e non si escludono a vicenda.
Allo stesso modo, sono stati riconosciuti diversi stili cognitivi basati proprio sulle differenze individuali (stile sistematico-intuitivo, stile globale-analitico, stile impulsivo-riflessivo, stile verbale-visuale, stile convergente-divergente).
In particolare, all'interno di quello cognitivo, sono stati individuati tre tipi di processi da cui prendono denominazione i relativi stili:
• Stile intellettivo, costituito da intelligenza e creatività che si influenzano a vicenda e sono strettamente connesse tra loro;
• Stile di apprendimento, ossia un'estensione dello stile intellettivo in quanto rappresenta un insieme di operazioni e procedure che lo studente può usare per acquisire differenti tipi di conoscenza e prestazione;
• Stile esecutivo, che riguarda la modalità attraverso cui può essere gestita un'istituzione in cui sono presenti i due processi che ne assicurano la continuità e l'innovazione, che corrispondono a loro volta a due tipi di persone nonché a due tipologie cognitive: i continuatori e gli innovatori, dove i primi tendono a migliorare le situazioni dell’istituzione di cui sono responsabili per assicurarne la continuità, mentre i secondi tendono a cambiarla per renderla più funzionale.
Il momento più difficile nel percorso di apprendimento-insegnamento è rappresentato dall’immergere tutto questo sapere nella pratica didattica, perché l'insegnante dovrebbe riuscire a bilanciare il proprio stile fornendo un ampio ventaglio di stimoli, attività, occasioni e situazioni di apprendimento: così facendo ogni alunno potrà cimentarsi con diversi stili di apprendimento, trovando le proprie modalità per imparare e, al contempo, rafforzarne la flessibilità.
Ad esempio, un insegnante dovrebbe integrare stimoli visivi, verbali ed esperienziali. Di particolare rilevanza è, a questo proposito, l'insegnamento strategico all'interno della didattica in quanto permette, attraverso determinate tecniche, di motivarsi al lavoro da svolgere, attivare le conoscenze già possedute, acquisirne nuove, elaborare propri pensieri, organizzare le informazioni, pianificare i passaggi da seguire nel perseguimento di un compito, trasferire in un nuovo compito le conoscenze già acquisite, autoregolarsi e auto-valutarsi.
Il tutto al fine di valorizzare la pluralità di processi messi in atto dagli alunni, e di supportare questi ultimi nel loro utilizzo evitando che mancati insegnamenti-apprendimenti precedenti di strategie inferenziali, vengano addebitati a difficoltà degli alunni: solo in questo modo sarà possibile permettere a ciascun alunno di realizzare il suo posto nel mondo.
Ed è stata la ricerca didattica a originare quella produzione pedagogica utile a tutti quei modelli di insegnamento capaci di leggere questa molteplice situazione apprenditiva.
Un aspetto fondamentale in tutto questo, dunque, è ricoperto dalla Didattica per Concetti, in cui si associa il soggetto in apprendimento alla programmazione didattica, attraverso il rapporto tra il progetto esperto dell’insegnante, la mappa concettuale e il contributo del gruppo classe (esplicitato attraverso l'intervista semi-strutturata elaborata sul metodo clinico piagetiano).
Tale modello didattico, elaborato e diffuso in Italia dal professor Elio Damiano dell'Università di Parma, vuole costruire un percorso didattico capace di progettare, decidere, condurre e controllare interventi educativi in contesti scolastici e capace di diventare “luogo di trasformazione del mondo in saperi”.
Ciò attraverso un dispositivo pratico che si articola in tre fasi: progettazione, conduzione e valutazione.
In particolare, all'interno della progettazione, fondamentale rilevanza ricopre la mappa concettuale realizzata dall’insegnante, intesa come l'unione tra fonti primarie (scienze di riferimento), fonti secondarie (esperienze di insegnamento) e fonti istituzionali (programmi scolastici). In pratica, essa costituisce la fase di apertura nella didattica per concetti, essendo uno strumento didattico e metacognitivo utile per tradurre in rappresentazione grafica gli oggetti culturali da insegnare, impregnandoli di una migliore comunicabilità.
Essendo necessaria infatti, per elaborarla, un'organizzazione consapevole della propria conoscenza, una riflessione sulla stessa e sul proprio modo di strutturarla, essa stimola a ripensare ciò che già si conosce sotto angolature diverse e agevola la comprensione e l'interiorizzazione dei vari concetti e delle varie informazioni. Conoscere, comprendere e apprendere, dunque, elementi e passaggi essenziali per poter svolgere una mediazione educativa e una didattica efficace ai fini informativi.
Alla mappa concettuale segue la conversazione clinica, ossia un'investigazione (attraverso un'intervista semi-strutturata) volta a tracciare la differenza fra le conoscenze proprie della mappa concettuale e le reali conoscenze dell'alunno, nonché gli ostacoli o elementi che non si accordano con la mappa: in tal modo si crea il terreno su cui lavorare.
Ma in cosa consiste essenzialmente una mappa concettuale?
Una mappa concettuale è la rappresentazione grafica di concetti, collegati tra loro da linee o frecce che ne esplicitano le relazioni. Essa diventa, quindi, vero e proprio strumento didattico.
L'ultima parte del terzo capitolo è infine dedicata alla fase della progettazione sperimentata dallo stesso dottor professor Michele Baldassarre nella classe VB della scuola elementare “Oasi" AS.SO.RI. di Foggia, in qualità di docente tutor della classe (in particolare per quanto concerne il concetto di “frazione”).
Il tutto, seguito da un esempio pratico di conversazione clinica sempre in merito al medesimo concetto.
In conclusione, la reale possibilità che un’esperienza didattica abbia valore formativo sta nel fatto che i significati da essa prodotti possono essere condivisi. Da questo punto di vista, le mappe concettuali vanno a modificare la pratica didattica contribuendo a migliorare la ricerca educativa e ponendosi come un valido strumento nei percorsi di progettazione formativa condivisa. È in virtù di questa necessità di condivisione di significati, nonché per impregnare il tutto di concretezza, che il libro si conclude proprio con una mappa concettuale, che permette al lettore di immergersi negli argomenti affrontati e di orientarsi tra i vari possibili percorsi cognitivi; e con un vademecum utile per la costruzione e realizzazione di una mappa concettuale.
Il professor Michele Baldassarre ha dato origine a un volume teorico-pratico assolutamente perfetto per tutti quegli insegnanti che vogliono “cambiare angolatura”, uscendo fuori dal semplice insegnare ad imparare e mettendosi in gioco. Come?
Imparando a insegnare, coinvolgendo gli alunni in un sapere pratico e più vicino alle inclinazioni di ciascuno, che permetta così di apprendere al meglio, e interiorizzare i saperi e le nuove conoscenze in misura maggiore."
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