20/03/2024
𝗦𝗜 𝗖𝗢𝗠𝗜𝗡𝗖𝗜𝗔 𝗔 𝗧𝗘𝗦𝗦𝗘𝗥 𝗧𝗘𝗔𝗧𝗥𝗢
Ecco, ci siamo, oggi si comincia a tesser teatro, che è gomitolo, matassa di fili che cambia da rotolo ad intreccio, più che intrigo proprio una trama, che sta con l’ordito a creare tessuto di tela, come un anello sta con il dito, a indicare una vela che veleggia nel mare, un’intesa che passa da racconto a sorpresa;
e ci vuole lo sfizio, il piacere e la voglia di andare, di fare, di prendersi il gusto di (ri)cominciare,
un salto, due salti e poi a scapicollo, a correre dietro a corsi e ricorsi, a porsi il problema di esser comparsa o forse corsaro che insegue di corsa la farsa, la burla, lo spasso, il divertimento, il sapere di essere al centro.
E tornando indietro cedere il passo all’incedere che guarda a quel palco che sembra lontano ma sta qui che se allunghi la mano lo tocchi, a due passi che sono un pugno di mesi, di dubbi e preavvisi, ma si sa, è viaggio epocale, è rigore, è opposto, a volte scorretto e pazienza se ci vuole pazienza, alla fine di quello si tratta, anche insistenza;
Il teatro è di tutto e di più, perfino una scienza, mai convenienza, mai connivenza, ma come pensare di farne a meno, di poterne far senza!?
Ecco, ci siamo. Prima c'è solo un palco vuoto ... Poi sarà un giardino, una piazza, una casa, una cosa, una gioia, un dolore, un colore.
Si va a principiare l'arte scenica, il chiodo in punta di martello, la livella a regolare, il pennello a rinnovare, la colla ad attaccare e la vite ad avvitare.
E’ il mestiere di chi fa teatro, che è un po' la sintesi degli altri mestieri, per un giorno non solo Lloyd, Giulietta o Cyrano, ma falegname, sarto, tappezziere, elettricista e manovale, senza maschera e senza inganno, a imparare ad imparare, spostare, salire, scendere e reggere scale.
Un nuovo viaggio, fatto di annessi, connessi, sconnessi, compromessi, sbagli e intuizioni, andate e ritorni; costruiremo uno scena, accenderemo le luci, cercheremo un linguaggio comune, decideremo un ingombro, una sfumatura, un passaggio.
E mi spiace per quelli che non capiscono la polvere, le schegge, la tenda che pende, la luce da accendere, il buco da riempire, il movimento da reinventare, il peso da spostare, anche se le mani protestano, le dita si lamentano e le gambe fanno male; non voler essere in nessun altro “altrove”, anche se dentro fa troppo caldo, troppo freddo e fuori piove o c’è troppo sole.
Davvero, mi spiace per chi non ne approfitta fino in fondo, girando in tondo a porsi domande, è un po’ come quando, nonostante tutto quello che accade, tutto quello che in quel preciso momento ti appartiene, pensi solo a cosa ti manca, a cosa non va, a cosa vorresti fare.
E mi spiace per quelli che non capiscono la polvere, le schegge, la tenda che pende, la luce da accendere, il buco da riempire, il movimento da reinventare, il peso da spostare, anche se le mani protestano, le dita si lamentano e le gambe fanno male; anche se dentro fa troppo caldo, troppo freddo e fuori piove o c’è troppo sole, non voler essere in nessun altro “altrove”.
Meglio restare appoggiato a quel che resta della stanchezza che presto diventerà sera, sorridere contento, pensare a quello che ci manca … e non mi viene in mente niente.
(EffePi)